HPIM0534Attardi23nov07_rs.jpg (108691 bytes)         HPIM0relat23nov07_rs.jpg (111299 bytes)

 

locandinafermiamo laviolenza_rs.jpg (105433 bytes)  locandinapanequotidiano.jpg (293948 bytes)  fOTO RELATORI_rs.jpg (101657 bytes)

 

 

invito fermiamo la violenza_rs.jpg (167584 bytes)

Seminario

In occasione della giornata mondiale, proclamata dall’ONU, contro la violenza sulle donne, si è svolto presso l’Azienda Ospedaliera Umberto I° il seminario formativo dal titolo:

"Fermiamo la Violenza" - Gestione Dei conflitti, problematiche e risorse

Promosso dall’Associazione "La Nereide"ONLUS Centro Antiviolenza – Telefono Donna - Federata Tribunale Diritti del Malato-Cittadinanzattiva tel. 0931 – 61000 / 349 7586157 – presidente Ethel Puzzo.

La giornata è stata così articolata:

saluti e presentazione di Adriana Prazio in rappresentanza della presidente Ethel Puzzo.

Si sono susseguiti i seguenti interventi

 

INTERVENTO DEL DR. SALVO MIGLIORE

PSICOLOGO-PSICOTERAPEUTA

Il costo della violenza

 

Le persone nascono con la capacità di tendere verso la conservazione della vita e verso lo sviluppo e l’evoluzione. Per garantire l’attualizzazione di questa tendenza, subito i bisogni fondamentali di accudimento, sicurezza, accettazione premono per essere soddisfatti. Gli esseri umani però non sono subito capaci di procurarsi loro ciò che gli occorre, ma trascorrono parte della loro esistenza in cui sono dipendenti dagli adulti, senza i quali morirebbero. Nasce così un bisogno imprescindibile di garantirsi la protezione e l’accudimento. Il bambino farà di tutto per farsi accettare, quando sente il pericolo di essere rifiutato e quindi abbandonato. Questo significa che sarà sensibilissimo a tutti i segnali di rifiuto da parte di chi si occupa di lui e tenderà a rendersi più accettabile possibile, cercando di modificare quelle parti della propria personalità non accettate dall’adulto garantendosi in tal modo l’accudimento. Questo è il regno dell’amore condizionato, delle regole, delle costrizioni che soffocano del tutto, in casi estremi di violenza e minaccia, la tendenza innata alla propria autorealizzazione. A questa premessa di fondo è collegata l’idea, quindi, che più l’amore nei confronti della progenie si mostra incondizionato più il soggetto è capace di vivere autenticamente secondo le proprie attitudini, tendenze e potenzialità, permettendo la nascita e l’evoluzione della Struttura del Sé.

Occorre sottolineare, comunque, che quello di perdere o di modificare parti di sé pur di venire accettati è un processo inevitabile nella nostra cultura. Permette in un certo senso l’adattamento alla realtà. Ma la perdita e/o la modifica di alcune parti del Sé incontrano un ostacolo insormontabile quando il soggetto è esposto a rischi e minacce per la propria integrità psicofisica. In questi casi la possibilità di produrre un comportamento adeguato per se stesso ed i suoi simili si riduce notevolmente. Non c’è, infatti, amore da chiedere in cambio, ma solo la sensazione catastrofica della propria distruzione. La costruzione psicologica di un mondo malevolo ne è la tragica conseguenza. L’attenzione è catturata prevalentemente da tale situazione che, agendo come uno stressor traumatico, genera un costante stato di allarme e conseguentemente ansia, al quale il soggetto reagisce con varie modalità comportamentali molto spesso disfunzionali e maladattive. Non chiedere aiuto, fuggire di casa senza una meta, automutilazioni, non assunzione di responsabilità ne sono alcuni esempi, caratterizzati dall’esistenza di uno stato d’ansia cronica e dalla depressione, rappresentazioni queste dello stato emotivo del soggetto. Non ultimo, l’identificazione con l’aggressore, ultima spiaggia che permette dal suo punto di vista l’adattamento alla propria famiglia e comunità di appartenenza e salvare così il proprio Sé dall’annientamento. Il funzionamento psicologico diventa così arcaico e primitivo.

Tale meccanismo di adattamento funge in un certo senso da "imprinting", generando in età adulta modalità personali di valutazione, di relazione con l’altro e di reazione a fenomeni di violenza. Se "l’imprinting" generato dalle passate esperienze è in un certo senso positivo, è probabile che il soggetto trovi modalità di valutazione meno distorte e più oggettive rispetto alla esperienza di violenza, così come è probabile che possa reagire ad esse con modalità più funzionali. E’ altrettanto vero, però, che esistono in "natura" situazioni estreme di violenza in cui il senso di autoefficacia personale e di modifica rispetto all’evento minaccioso è pressoché azzerato. Mi riferisco in particolare ai fenomeni di mobbing in tutte le sue varie forme (domestico, nel lavoro, nella coppia). L’impotenza, i sentimenti di inutilità, di annientamento in questo caso sono le principali esperienze sul piano intrapsichico. E specialmente per chi ha sofferto in passato, perché già vittima di violenza ed ha conosciuto un fragile adattamento, si riaprono ferite che si pensava fossero cicatrizzate. Il gioco crudele al massacro continua ed il rischio di psicopatologia in questi casi è molto elevato. Per i più fortunati, quelli che hanno conosciuto in passato infanzie più felici, rimangono comunque difficoltà concrete di adattamento, e la condanna permanente all’ansia ed alla depressione. Il focus della loro attenzione, che precedentemente era proattivamente focalizzato sulla valorizzazione delle proprie capacità e sulla propria autorealizzazione si orienta in modo esclusivo alla salvaguardia del proprio Sé dalla disintegrazione e dall’annientamento.

In conclusione, il costo psicologico e conseguentemente sociale della violenza è mostruosamente abnorme se si prendono in considerazione non solo la compromissione del funzionamento psicologico, della vita scolastica, lavorativa e socio-relazionale, ma anche il costo sociale in termini di perdita di relazioni funzionali, sinergiche, di collaborazione di solidarietà e non per ultimo i costi economici per la collettività della riabilitazione psicologica e talvolta anche fisica delle vittime di violenza. L’involuzione verso una società primitiva ed arcaica nel suo funzionamento è elevato.

Ma il costo più caro della violenza, oltre quelli già elencati, ritengo consista nella alienazione dal proprio Sé, ovvero nella non conoscenza e/o nella perdita delle parti più autentiche (bisogni, potenzialità, attitudini, interessi ecc.) della propria persona, quindi della propria identità. In pratica il soggetto non sa più chi è. Pur sopravvivendo abitando un corpo, sul versante psicologico l’omicidio è compiuto.

 

 

Dott.ssa Maria Angela Valenti, Neuropsichiatria infantile ASL.8

"La Capacità genitoriale a sostegno della genitorialità nei casi di violenza familiare" a tal proposito ha precisato che per capacità genitoriale si intende la capacità del genitore di capire e soddisfare i bisogni materiali, affettivi ed emotivi che ogni bambino esprime in ogni fase della sua evoluzione.

Ci sono purtroppo casi di dis-agio minorile in cui i bambini non riescono ad accedere, pienamente, al loro stato di figlio; le loro esigenze vitali di amore, cura, protezione, ma anche di separazione e individuazione vengono infatti disattese

L'ordine naturale viene sovvertito: le figure deputate alla cura e alla protezione del minore arrivano a danneggiarlo. Le carenze genitoriali possono manifestarsi lungo un continuum di gravità crescente, fino alla violazione dei diritti e della dignità del Figlio (del bambino, della Persona).

Nei casi più gravi la patologia del prendersi cura si esprime in varie forme di violenza intrafamiliare : la trascuratezza grave, il maltrattamento fisico ed emotivo, l'abbandono, l'abuso sessuale.

Nei casi più gravi, i Servizi devono segnalare il caso alla Magistratura minorile e, ove necessario, a quella Penale.

La Magistratura minorile incarica la polizia giudiziaria ed i servizi locali preposti di effettuare una indagine sul caso, in tutti i suoi aspetti medici, sociali e psicologici.

La Magistratura prescrive ai servizi la valutazione diagnostica delle capacità genitoriali, formulando una prognosi motivata di recuperabilità.

E' questa una fase assai delicata: valutare significa individuare quali margini di recupero esistono per il ripristino di una capacità genitoriale sufficientemente adeguata, sia attraverso il sostegno sia attraverso il controllo.

Obiettivo di questo lavoro non è solo valutare, ma soprattutto promuovere e favorire un cambiamento.

Ogni tipo di intervento contiene, innumerevoli interventi. Tutti gli interventi, per essere efficaci, devono avere un comune denominatore.

Devono aiutare i genitori a diventare genitori competenti e per fare ciò è indispensabile che agiscano sulla storia personale, familiare e di coppia degli interessati.

 

 

Intervento Relatrice Avv. Remigia D’Agata

STALKING

Molteplici sono i modi in cui si esterna la violenza, da quella fisica a quella sessuale, da quella di genere, perpetrata su soggetti appartenenti ad un genere ben definito (donne), a quella sui minori, e tra queste tante forme di violenza che viene a collocarsi lo stalking, fenomeno che va sempre più accentuandosi grazie anche alle nuove tecnologie che permettono forme persecutorie anche a distanza e sempre più sofisticate e pervasive.

Il vocabolo Staklkig è di origine anglosassone, come molti altri vocaboli entrati nel nostro lessico corrente, nella lingua madre viene utilizzato dai cacciatori e letteralmente significa "fare la posta".

In italiano il termine è stato tradotto dagli studiosi, per lo più neuropsichiatri e psicologi come "sindrome del molestatore assillante", ciò in quanto sono stati tali studiosi ad osservarlo per primi ed a studiarlo, solo da recente anche il mondo del diritto ha preso in considerazione questo fenomeno nel tentativo di inquadrarlo giuridicamente.

Invero, ci si è ben presto resi conto che non sempre le norme esistenti negli Stati erano in grado di ricomprendere le molteplici modalità di disturbo poste in essere dal molestatore.

Ci si trova in presenza di stalking quando vengono posti in essere comportamenti da parte di un soggetto nei confronti di un altro ripetuti ed intrusivi della sfera privata della vittima o di sorveglianza alla ricerca di un contatto e/o di comunicazione nei confronti della vittima che da tali comportamenti risulta infastidita e/o preoccupata.

Per completezza va detto che le attenzioni possono riguardare direttamente la vittima come soggetti alla stessa legati da rapporti di parentela o nella sfera affettiva ( figli, marito, moglie, ecc) che possono essere sia persone, ma anche animali, se la vittima ne ha in casa.

 

Sono elementi distintivi dello stalking:

  1. la volontà di molestare;
  2. una serie di condotte ripetute;
  3. una minaccia credibile;
  4. che detta minaccia sia rivolta alla vittima direttamente o alla sua famiglia;

Elemento importante e caratterizzante del fenomeno è l’insistenza con cui vengono poste in essere le pressioni, non essendo sufficiente un unico episodio a configurare il reato.

Quindi lo stalker (il soggetto molestatore) pone in essere una serie di atti vandalici come vetri rotti, pedinamenti della vittima, invio di lettere, e mail, telefonate o squilli telefonici, SMS, scritte sui muri, ecc.

Non necessariamente lo stalker deve essere un soggetto malato, anzi spesso non lo è affatto, da una statistica effettuata si è visto che normalmente si tratta di ex partner della vittima che non accettando la separazione la perseguitano attirandone così l’attenzione, questi sono i casi più frequenti e le loro attenzioni vessazioni rivolte all’ex partner e/o ai suoi affetti più cari.

Nei casi di soggetti maniaco depressivi, o schizofrenici le molestie in genere vengono rivolte verso personaggi dello spettacolo, sono questi i persecutori di attrici o attori, cantanti, ecc.

Vi è anche lo stalker vendicativo cioè colui il quale perseguita un soggetto ritenendo che gli abbia fatto un torto e quindi si fa giustizia da se, sono questi i casi di persecutori di professionisti (medici, avvocati, giudici, personaggi della politica, ecc) o comunque di soggetti legati a loro da motivi di lavoro, anche negato.

La vittima dello stalker deve percepire questi comportamenti posti in essere dal molestatore come intrusivi ed avere una chiara sensazione di minaccia e paura, volendo il persecutore mettere la vittima in uno stato di stress psicologico.

Va comunque detto che non necessariamente i comportamenti dello stalker culminano in violenza vera e propria, anzi nella maggior parte dei casi ci si limita a detti comportamenti disturbanti ma non si giunge ad una vera violenza. Sono rari i casi in cui il molestatore giunge a comportamenti aggressivi e di violenza anche estrema nei confronti della vittima, che può arrivare all’omicidio dell’oggetto della persecuzione.

Le conseguenze di detti comportamenti sulla vittima sono notevoli e possono andare dalle crisi d’ansia a disturbi del sonno, ma anche a disturbi post traumatici da stress.

Va detto che, comunque, combattere e contrastare chi pone in essere questi comportamenti non è semplice, anche per l’assoluta indifferenza e superficialità con cui anche chi dovrebbe difendere i cittadini si pone davanti a simili fatti, sottovalutandoli e ritenendoli spesso irrilevanti.

Chi denuncia questi fatti viene spesso ritenuto un "fissato" e non si attenzionano sufficientemente, salvo quando poi si giunge all’irreparabile.

Questo fenomeno ha trovato tutela giuridica già in diversi Stati, il primo Stato a porre in essere una normativa contro lo stalking è stato la California nel 1991, in seguito agli omicidi di due famose dive del cinema le cui richieste d’aiuto, essendo perseguitate, non erano state tenute in considerazione, nel codice penale è stata inserita la norma che espressamente dice "Chiunque volontariamente o intenzionalmente e ripetutamente segue o volontariamente ed intenzionalmente molesta un’altra persona e pone in essere una minaccia credibile al fine di far ragionevolmente temere l’altra persona per la sua sicurezza o per la sicurezza della propria famiglia è colpevole del reato di stalking"

In ragione dell’espandersi del fenomeno nel 1992 il Congresso degli Stati Uniti d’America approvò l’inserimento di tale norma in tutti gli Stati membri.

In Europa il primo Stato ad introdurre una normativa in tal senso è stato la Gran Bretagna nel 1997, ma anche altri Stati quali la Norvegia, l’Olanda, il Belgio perseguono con pene severe chi infrange la sfera personale di altre persone al fine di costringerle a fare o non fare qualcosa. Da ultimo in Austria nel 2006 è stata emanata una legge che punisce lo stalking.

In Italia ad oggi la punizione dei soggetti che si rendono autori di stalking è in relazione alla possibilità che si configurino altri reati previsti dall’ordinamento non esistendo una precisa normazione in merito.

Pertanto, di volta in volta si potrà applicare l’art. 660 c.p. (molestia o disturbo alla persona, reato che prevede l’arresto fino a sei mesi e un’ammenda fino ad € 516) detta previsione non comporta l’applicazione di provvedimenti cautelari;

Se i comportamenti sono più marcati e pesanti si potrà applicare l’art. 610 c.p. (violenza privata, che prevede una pena detentiva fino a 4 anni) in tal caso si potrà applicare la sanzione cautelare;

Ma in ragione dei comportamenti dello stalker si potranno applicare anche gli arrtt. 612 c.p. ( minaccia semplice o aggravata), 581 c.p. (percosse), 594 c.p. (ingiuria), 595 c.p. (diffamazione), ma si potrebbe anche arrivare al danneggiamento o violazione di domicilio ed i reati configurabili potrebbero essere anche più d’uno.

Certamente la necessità di una normativa in proposito si fa sempre più pressante ed urgente, peraltro attualmente il nostro Parlamento sta discutendo la possibilità di introdurre una normativa in tal senso e tra le proposte in esame la più accreditata pare quella dell’On. Pisicchio, con previsione di misure cautelari ed una pena fino a quattro anni.

Ma attendendo che il Parlamento approvi la nuova normativa non è affatto vero, come alcuni pensano e dicono, che non si possa fare nulla, innanzitutto si potrebbero rendere le Forze dell’Ordine più consapevoli del problema, così come si fa per la violenza intrafamiliare, dove il lavoro di rete ha permesso una maggior presa di coscienza del problema da parte degli operatori più immediati.

Si potrebbe creare un vademecum, come in altre Nazioni è stato fatto in particolare in U.S.A., da far pubblicare e distribuire capillarmente anche attraverso i siti delle Forze dell’Ordine in cui si possono dare consigli alle persone vittime di stalking come:

  1. porta sempre con te il cellulare;
  2. modifica spesso le tue abitudini;
  3. cerca di non uscire da sola, fatti accompagnare;
  4. evita di rimanere a lungo da sola;
  5. informa sempre qualcuno dei tuoi spostamenti;
  6. cerca di prendere più possibile nota del molestatore ( dati fisici, com’è vestito, macchina o moto, targa del veicolo, segni particolari, ecc) ;
  7. conserva i messaggi che invia (lettere, e mail, SMS, ecc);
  8. registra le conservazioni telefoniche;
  9. informa chi ti è vicino di ciò che ti accade ( amici, parenti, vicini, colleghi; ecc);
  10. se lo stalker ti chiama al telefono non perdere mai la calma e cerca di non fare notare la tua agitazione e la tua paura, in genere se pensa di non metterti paura smette.

Il manuale di classificazione criminale dell’F.B.I. definisce lo stalker come " il predatore che segue furtivamente ed ostinatamente una vittima in base ad un criterio specifico ed adotta una condotta tendente a provocare afflizione emotiva ed altresì il ragionevole timore di essere uccisa o di subire lesioni fisiche, o che adotta una condotta volontaria e premeditata consistente nel seguire e molestare un’altra persona"

Lo stalking è spesso un delitto invisibile, finchè non esplode, solo allora vi è l’intervento delle Forze dell’Ordine, ma è tropo tardi.

 

Avv. Remigia D’Agata